Figure geometriche e tinte brillanti, l’effetto è quello di un paesaggio astratto. Cambiano volto gli spazi comuni dell’accoglienza in via Mambretti a Milano, e la novità è che nel ruolo di decoratori e imbianchini ci sono anche alcuni degli ospiti che abitano il Centro. Migranti, la maggior parte, tutti giovani e di nazionalità diversa.
Con entusiasmo hanno accolto l’invito a partecipare al primo workshop collettivo organizzato da un gruppo di designer e di ricercatori dell’Università e del Politecnico di Torino. Tre giorni di lavoro manuale e creativo in cui i ragazzi hanno collaborato senza risparmiarsi per dare colore alla mensa e alla sala polivalente, dove frequentano le lezioni di italiano, e per trasformarle in luoghi più accoglienti in cui sia anche piacevole stare.
Non una semplice mano di vernice, insomma. Passeggiando per quegli ambienti, oggi, si respira un’aria nuova. Ne parliamo con l’architetto Cristian Campagnaro, ricercatore del Dipartimento di Architettura e Design del Politecnico di Torino, che ha seguito e coordinato tutte le attività nell’ambito del progetto “Cantiere Mambretti”. Da diversi anni, con l’antropologa Valentina Porcellana dell’Università degli Studi di Torino, si occupa di progetti sulla qualità dell’abitare nei centri di accoglienza per le persone senza dimora.
Quale è l’obiettivo principale che ha guidato questi tre giorni di lavoro collettivo?
Abbiamo voluto avviare il processo di riqualificazione degli spazi dell’accoglienza attraverso un’esperienza partecipativa molto concreta, che valorizzasse il contributo di tutti.
Volevamo che gli ospiti si sentissero protagonisti, che percepissero che gli ambienti in cui abitano ogni giorno si possono cambiare, e in meglio, se solo iniziamo a prendercene cura.
Il workshop ci ha permesso anche di sondare il grado di coinvolgimento dei partecipanti e di capire se in futuro potremo proporre momenti di lavoro aggregante come questo. I risultati ci dicono di sì, hanno superato le nostre migliori aspettative.
Verde, arancione, giallo… C’è una ragione particolare per cui avete scelto proprio questi colori?
La scelta dei colori è stata fatta in funzione delle attività che si svolgono negli ambienti e degli effetti potenziali dei colori sulle persone. Il progetto grafico risponde ad una esigenza di “apertura” degli spazi.
I verdi dovrebbero conciliare le attività di concentrazione e facilitare la tranquillità necessaria ad attività di studio. I rossi i gialli e gli arancioni, più vivaci appaiono maggiormente adatti alla convivialità dei pranzi e delle cene.
Come hanno risposto gli ospiti del Centro a questa iniziativa?
Abbiamo ricevuto la collaborazione di tante persone sorridenti e partecipi, in particolare molte giovani donne. Ragazzi e ragazze hanno indossato il tutone protettivo e pitturato con noi. Ci sono sembrati felici di fare, di fare insieme e di contribuire al miglioramento dei luoghi che li stanno ospitando.
Il progetto non finisce qui. Puoi anticiparci quali saranno i prossimi passi?
Proseguiremo i workshop sul resto degli spazi comuni, l’ingresso, il vano scale, i corridoi e la sala medici e continueremo a coinvolgere attivamente gli utenti di quegli stessi spazi. Avvieremo altrettanti laboratori per l’autocostruzione degli arredi e della segnaletica interna.
Le sfide in più? Una maggiore attenzione all’acquisizione di competenze pratiche da parte dei partecipanti, e una maggiore apertura alla cittadinanza, ad esempio attraverso il coinvolgimento degli studenti di un Liceo Artistico di Milano, che parteciperanno ai workshop nell’ambito di un progetto di alternanza scuola lavoro.