Caffè fumante e profumo di torta appena sfornata. È così che ci accoglie Irene, come una mamma premurosa e attenta quale è. L’amore per i suoi 4 bambini è sempre stato al primo posto anche nei momenti più difficili, che in questi anni sono stati tanti.
Siamo nel quartiere Corvetto a Milano, sedute attorno al tavolo di un bel soggiorno all’ottavo piano di uno stabile dove Irene si è trasferita con la sua famiglia. Sognava questo appartamento dal 2018.
Da quella mattina nera, scolpita nella sua memoria, in cui ha dovuto consegnare ai proprietari le chiavi della casa dove vivevano, e andarsene via. I figli per mano e con sé appena due valigie di vestiti.
Il più piccolo mi chiede ancora dove sono i giochi, ma non avevamo un posto dove portarli, in realtà non avevamo più niente. Mio marito aveva perso il lavoro ed era tornato in Perù e io, con i soldi delle pulizie, non ce la facevo a pagare l’affitto.
Il giorno stesso dello sfratto Irene viene accolta in una casa famiglia insieme ai suoi bambini: “dove vanno loro, vado io”, dice con fermezza aggiungendo che questa è l’unica condizione su cui è sempre stata inamovibile. Pur nelle difficoltà, la famiglia resta unita, anche la frattura con il marito si ricompone e grazie ai servizi sociali viene trovata una soluzione abitativa più idonea e confortevole: è un nostro appartamento a Cinisello Balsamo in residenzialità sociale temporanea, un progetto rivolto a famiglie in emergenza abitativa che sono in attesa di casa popolare.
Consegniamo le chiavi a Irene e al marito Antonio all’inizio di marzo 2020, appena una settimana dopo scoppia la pandemia e si ferma tutto. Con il lockdown chiude il ristorante dove Antonio lavora e Irene non può più spostarsi a casa delle famiglie a cui faceva le pulizie.
Progetto Arca viene loro in aiuto anche con la consegna di pacchi alimentari e, all’accompagnamento sociale, affianca un supporto psicologico per i due bambini più piccoli che, anche a causa del trauma per la perdita della casa, hanno cominciato a manifestare disturbi di relazione e nell’apprendimento.
Per due anni remiamo tutti insieme: le correnti contrarie sono fortissime ma Irene è più forte di loro.
Si emoziona ancora fino alle lacrime al ricordo della telefonata che le annuncia l’assegnazione della casa popolare e della prima volta in cui ha varcato la soglia di casa senza poter credere ai suoi occhi: “sicuri che è per me?”, sono state le prime parole alla vista dell’appartamento. Quattro locali che Irene ha arredato con infinita grazia, mettendo insieme i tanti aiuti delle persone che le sono state vicino. La sua gratitudine è sconfinata e ci commuove.
Ogni tanto vi vedo in televisione e allora dico: ‘Ecco la mia Arca’. Non potrò mai dimenticare quel che avete fatto per noi.