A 57 anni, Maurizio ha di nuovo le chiavi. Non quelle piccole di un armadietto, di un lucchetto per chiudere lo zaino, ma chiavi “vere”, quelle di una casa. “Volete vederle?”, ci chiede e un attimo dopo le agita, emozionato, fra le mani.
Dopo due anni passati tra Centri di accoglienza e la strada, dopo tante notti su una panchina nel parchetto vicino alla Stazione Cadorna di Milano “con un occhio aperto e uno chiuso”, dopo un ricovero al Sacco e poi al Centro Post Acute di Progetto Arca in via Mambretti, tornare ad abitare in una casa non è un cambiamento da poco.
“Quando l’assistente sociale mi ha detto che doveva parlarmi, mi sono preoccupato… sapevo di non aver fatto disastri, ma non potevo immaginare la bella notizia”.
Maurizio è una delle 20 persone che quest’inverno sono state accolte negli appartamenti inseriti nel Piano Freddo del Comune di Milano. Si tratta di alloggi in condivisione con altre persone senza dimora, gratuiti fino a quando non si è in grado di contribuire alle spese. Una straordinaria palestra per tornare ai ritmi di una vita “normale”.
E’ stata una gioia immensa quando l’ho vista, la nuova casa. E’ piccola però ha tutto, sembra un nido.
La vita per strada ha lasciato a Maurizio problemi polmonari e una terapia da seguire, ma non gli ha tolto la voglia di ricominciare. Oggi condivide l’appartamento con Rocco, un altro ex-ospite di via Mambretti. Si sono divisi i compiti: “Lui fa le pulizie e io cucino, perché ho il diploma. Sono cuoco dal 1982. A Varese lavoravo in una trattoria, facevo da mangiare per 350 persone. Quando ha chiuso, ho trovato da lavorare in fonderia. Sono stato al forno e agli stampi per nove anni, poi l’impresa è fallita dall’oggi al domani”.
Da questa seconda batosta, Maurizio non è riuscito a riprendersi. Le cose sono andate sempre peggio: la separazione dalla moglie, qualche periodo nei dormitori, poi la strada e il crollo fisico. “Non mi reggevo più in piedi. L’ambulanza l’hanno chiamata le guardie di un supermercato, che ormai mi conoscevano”.
Dopo questi “angeli” ce ne sono stati altri: i medici del Sacco, i responsabili e gli operatori del nostro Centro Post Acute. “Ringrazio ogni giorno di averli incontrati”.
Nella nuova casa, piccola ma attrezzata del necessario, “riprenderò anche a dipingere”, ci ha confidato Maurizio che dopo la fine del Piano Freddo continua a vivere nell’appartamento. Progetto Arca ha fatto rientrare tutte le 20 persone in un percorso di più lunga durata, che nella casa vede il trampolino verso l’autonomia.
“Ora manca solo il lavoro, ma ho fiducia di poterlo ritrovare per tornare ad essere indipendente”.