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Quando dormi su una panchina, un occhio devi sempre tenerlo aperto: “c’è un sacco di brutta gente in giro. Le ore più fredde sono le quattro, le cinque. Al mattino sei a pezzi, più stanco di prima, anche per la fame che ti toglie le forze. Io poi non sono mai riuscito a chiedere l’elemosina, piuttosto non mangiavo”.

Ad ascoltare Damiano, oggi, sembra impossibile che tutto questo sia accaduto a lui. È un conversatore raffinato, parla con passione del suo interesse per “le stranezze della matematica quantistica”.
Fino a tre anni fa lavorava con successo nel campo della formazione, era coach per manager e professionisti. Guadagnava bene, abitava in centro. “Nella mia vita però c’erano cose che non andavano. Alle volte vivevo al di sopra delle mie possibilità”.
Quando la madre si è ammalata, Damiano ha iniziato a trascurare il lavoro per starle vicino. Le cose sono andate sempre peggio, i presunti amici si sono dileguati, “e alla fine sono rimasto su una panchina“.

Educatori e operatori di Progetto Arca gli danno fiducia, gli propongono di lavorare in magazzino, come volontario, e Damiano ricambia la stima impegnandosi senza risparmiarsi. Dallo scorso luglio ha anche un lavoro retribuito: “mi occupo del servizio di cortesia che Progetto Arca offre ai residenti e ai commercianti del quartiere, ripulendo le vie dai rifiuti abbandonati”. Un’attività che, con il volontariato, lo impegna sei giorni su sette.

Quest’inverno Damiano seguirà un corso di aggiornamento. “Mi piacerebbe tornare a fare il mio lavoro, ma non ho pretese. C’è un proverbio cinese che dice: “Non importa dove devi andare, l’importante è che tu faccia bene i primi tre passi”. E alla domanda “Che cosa vedi nel tuo futuro?”, non ha dubbi: “Una vita rinnovata”.

Credits: foto di Giovanni Luca Fabbricino.

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