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Ventidue anni di servizio come autista per un corriere espresso, e all’alba dei quaranta la disoccupazione. Una doccia fredda, ma Francesco non è tipo da scoraggiarsi. Perso il lavoro, si arrangia come può, consegnando le pizze la sera in motorino. Sopravvive, e gli sembra che il peggio sia passato. Fino alla notte del 2011, quella dell’incidente che segna l’inizio di tutti i suoi guai.

Con tibia e perone distrutti, Francesco non può rimettersi al lavoro, nel giro di poco perde la casa e si apre un nuovo scenario.

Di sicuro, cambiano le priorità: trovare da mangiare, un posto dove dormire. “Per sei mesi, la notte, mi sono rifugiato con una piccola tenda nell’area chiusa di un campeggio. Quando mi hanno scoperto, mi hanno dato un numero verde. Morivo di vergogna, ma l’ho chiamato”.

E’ inverno e Francesco, che usa ancora le stampelle, trova riparo in un Centro di accoglienza. “La cosa più difficile è abituarsi a non avere più uno spazio personale. In camera non eravamo mai meno di dieci”.
Tre inverni così, poi la svolta. “La direttrice del Centro dove stavo mi presenta un referente di Progetto Arca, che mi propone di andare ad abitare in un appartamento. Non potevo crederci” ammette Francesco, che fino ad allora ha conosciuto solo la realtà dei dormitori.

Francesco ospite di Casa Arca


E’ l’inizio per lui di un nuovo percorso, che lo porta a ritrovare la stima di sé e a superare anche i problemi di salute. Serenella, una volontaria di Progetto Arca, che di professione fa la fisioterapista, lo aiuta a rimettersi in piedi facendo a meno delle stampelle. E alla fine, arriva anche una proposta di lavoro come autista per una cooperativa che smaltisce abiti usati.

Oggi Francesco si guarda indietro e rivede uno ad uno i volontari che si sono dedicati a lui, gli educatori che ancora lo seguono. “Progetto Arca è stata la mia famiglia e ho sentito il dovere di dare anch’io qualcosa”.
La sera lo incontriamo ancora, tra i volontari della nostra Unità di strada.

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