Se abitate a Milano, nella zona di viale Abruzzi, probabilmente vi sarà capitato di notarla. Da quelle parti l’ape car di Attila è un’istituzione. Per 26 anni, è stata la sua unica casa.
Classe 1955, ungherese, Attila abbandona il villaggio natale vicino a Budapest alla fine degli anni Ottanta, inseguendo un futuro migliore che solo adesso è arrivato.
A bordo della sua minuscola casa viaggiante è andato un po’ dappertutto, cercando stabilità ma trovando solo piccoli lavoretti saltuari. Poi un giorno “lei” non ce l’ha più fatta a macinare altri chilometri, si sono fermati sul ciglio di una strada e non si sono mossi più.
Riservato per natura, Attila non è riuscito ad instaurare relazioni con altre persone senzatetto ma non è stato sempre da solo:
Per 13 anni ha vissuto con Romana, un pastore belga trovato per strada da cucciolo e allevato con la massima cura. Per lui è stata figlia, sorella, amica inseparabile, ragione di vita.
Hanno condiviso il freddo sottozero delle notti in strada, le coperte e i pasti, si sono scambiati calore e compagnia. “Più grande è lo spazio che hai attorno a te, più grande è la solitudine”, dice Attila a cui deve essere parsa enorme la sua ape car alla morte della cagnolina.
Da quel momento, come a voler riempire il vuoto scavato dalla perdita di quell’unico affetto, prende ad accumulare tutto ciò che trova in giro. Centinaia di vestiti, scatolette di cibo, roba usata, rottami finiscono per occupare ogni centimetro vitale della sua già piccolissima casa.
Viene risparmiato solo il posto di guida dove Attila dorme seduto per 5 anni, con conseguenze inevitabili sulla salute. La posizione scorretta crea problemi di circolazione del sangue, gambe e piedi si gonfiano, una brutta ulcera non gli permette più di camminare.
Gli operatori dell’Unità di strada di Progetto Arca, che lo seguono dal 2018, si attivano per fargli ottenere l’iscrizione al servizio sanitario nazionale, primo indispensabile passo per avere un medico di base e poter accedere alle cure continuative di cui ha bisogno.
Anche Attila si convince di non poter più vivere in quelle condizioni, ma il dormitorio non è una soluzione praticabile per lui: ai tempi avrebbe significato separarsi dalla sua Romana, impensabile, e in ogni caso Attila non è portato per la convivenza con altre persone. I servizi sociali del Comune gli propongono di entrare in un appartamento tutto suo in housing first: “la gioia è stata talmente smisurata che sono rimasto senza parole”.
Tra la commozione degli abitanti del quartiere, degli operatori e dei volontari dell’Unità mobile, che gli sono affezionati come ad un amico, in una mattina di primavera Attila saluta la strada, l’ape car e gran parte degli oggetti che ha accumulato contro la solitudine. E’ l’inizio di una nuova vita.
Da poco più di un mese abita in un bel monolocale, intimo e accogliente, c’è voluto del tempo per prendere confidenza con la comodità di un letto vero: “le prime notti ho dormito seduto, era l’abitudine”.
Tra le novità che dice di apprezzare di più, ci sono il silenzio, la tranquillità – “in strada devi sempre tenere un occhio aperto” – e poi tante altre cose semplici che per lui sono una rivoluzione: fare la doccia, la lavatrice, prepararsi da mangiare. Quanto fosse un ottimo cuoco, non se lo ricordava più.
Questa sera cucinerà uno spezzatino insaporito con le foglie d’alloro che una nostra volontaria gli ha regalato. Poi si guarderà un film, ne ha salvati più di un migliaio nel suo archivio su Internet, quando il cinema era l’unica compagnia durante le interminabili notti in strada. A noi consiglia la visione di ‘Cane rosso’, la storia vera di un trovatello che fa amicizia con un vagabondo e conquista il cuore di un’intera comunità. Fra tutti, c’era da immaginarlo, è il suo film preferito.