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Del primo incontro con Progetto Arca, Vincenzo racconta: “Non è stato amore a prima vista. A Casa Arca – l’appartamento per persone senza dimora che gestiamo nella Capitale – dovevo seguire regole e riprendere abitudini che avevo dimenticato.

Nel 2011 l’improvvisa scomparsa dei genitori lo porta ad una serie di inciampi che sfociano nella perdita della casa e che lo fanno scivolare nell’indigenza: “non ero abituato a vivere senza un soldo in tasca: gli amici spariscono e ogni giorno è una lotta per la sopravvivenza, il futuro non sai più cos’è perché devi pensare all’oggi, il domani è un’altra storia”. Sorprende la forza d’animo con cui Vincenzo affronta la strada: non chiede l’elemosina – “piuttosto non mangiavo” – e fa ogni lavoro che trova. I primi tempi guadagna qualche euro al giorno, ma un po’ alla volta allarga il giro di negozi per cui distribuisce le consegne: “ho cercato di ritrovare il mio spazio nella società perché non mi sono mai sentito finito”.

Da subito vive il periodo in Casa Arca come transitorio ma decisivo per ricostruire la propria vita: crea un rapporto di fiducia con l’equipe di educatori, si fa seguire dalla psicologa Silvia e stringe legami con gli altri ospiti, recuperando quella dimensione affettiva che la strada gli aveva tolto. Il carattere aperto lo facilita nel creare una rete di relazioni in quartiere grazie alle quali riprende a lavorare con continuità.

Quando gli operatori gli propongono di unirsi ai volontari dell’Unità di strada, all’inizio rifiuta “era come rivivere la vita che mi ero lasciato alle spalle” ma poi decide di provare:

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