Stesi su letti di cartone, avvolti sotto montagne di coperte tirate fin sopra la testa, un sacco a pelo accanto all’altro forse nell’illusione di proteggersi mentre un’altra notte sottozero avanza, con il freddo che ti gela le ossa e anche i pensieri.
Sei volontari e un operatore formano l’equipaggio dell’Unità di strada di questo giovedì. Con noi abbiamo thermos di tè caldo, sacchi a pelo e indumenti pesanti da distribuire; nei contenitori termici che trasportiamo su carrellini è racchiusa la cena: stasera, lasagne di carne o verdure a scelta, più un sacchetto con la colazione per il giorno dopo.
“Se ci arrivo, al giorno dopo”, sorride P. e proviamo a sorridere anche noi ma la battuta ci spiazza. Ha superato la sessantina e ci tiene a far sapere che è sempre stato una persona perbene: “ho perso il lavoro e chi vuoi che mi prenda alla mia età”, allarga le braccia in segno di rassegnazione. A qualche metro di distanza da lui, M. ritira le scarpe dal pavimento insieme al sacco a pelo di rinforzo che gli abbiamo portato e fa per chiudere la lampo della tenda, augurandoci la buona notte.
Arrivare al giorno dopo, e a quello dopo ancora: in strada piani più a lungo termine di questo non sono ammessi e d’inverno è anche peggio perché non si vive un giorno, ma una notte alla volta.
Intanto, si sono fatte le nove ed è buio pesto intorno. Al cellulare di servizio arriva la segnalazione fatta partire da un cittadino attento: un uomo di mezza età è rannicchiato immobile su una panchina. Ci dividiamo, una parte di noi prosegue il giro per raggiungere le tante persone che ci stanno aspettando, l’altra accorre sul posto poco distante.
F. è sempre lì, lo illumina la scultura del “Disco grande” di Arnaldo Pomodoro, forse ha scelto questo posto proprio per lei, per avere qualcosa di immensamente bello da guardare e accanto a cui addormentarsi in mezzo a tanta solitudine.
Indossa una felpa blu e un sacco a pelo logoro lo copre senza scaldarlo, ha lo sguardo spaurito di chi non può crederci che tutta questa attenzione sia rivolta proprio a lui. “Non ho fame, giuro”, ma poi accetta il piatto di lasagna e ripete grazie due volte.
Lo convinciamo che almeno per questa notte è meglio non stare al freddo. Raccoglie le sue poche cose e lo aiutiamo a salire su un furgoncino che abbiamo fatto arrivare per accompagnarlo al Piccolo Rifugio. È una struttura notturna, di primissima accoglienza, dove diamo riparo a chi è in difficoltà e non ce la farebbe a dormire fuori. Domani accetterà un posto letto in un Centro di accoglienza? Si vedrà. In strada si vive una notte alla volta e nelle notti più fredde tendere una mano può salvare una vita.